venerdì 25 febbraio 2011

Dedicato a Giancarlo Siani e al giornalismo libero ...


In Italia, oggi più che mai, viviamo nel tempo delle censure.

I dati sono sconcertanti; infatti rispetto al triennio 2006-2008, che riportava casi di censura violenta nell'ordine di una sessantina (in media 20 all'anno), solo nel 2009 contiamo 53 casi cifra che fa pensare e che pesa molto, in un paese libero che dovrebbe costituirsi in democrazia e non in "monarchia privata dei pochi". (Vedi Ossigeno per l'informazione), “ le modalità delle violenze variano dalle ‘classiche’ aggressioni fisiche alle più attuali via lettera o telefono. Ma nell’epoca di internet non potevano mancare anche quelle via web. Le meno conosciute restano le censure ottenute per via giudiziaria. Giornalisti e giornali vengono citati in Tribunale – in sede civile – per abnormi richieste di risarcimento in denaro, con un’evidente mancanza di proporzione tra il presunto danno subito e le capacità economiche del giornale o del giornalista. Tutto questo ancor prima che il dolo venga accertato in sede penale.
A volte sulla strada dei cronisti si frappongono anche ostacoli inaspettati. Capita che magistrati risentiti per fughe di notizie – spesso provenienti dalla stessa magistratura – mettano sotto inchiesta gli stessi giornalisti, impedendone il lavoro con perquisizioni e sequestri. Ma la visione resta comunque incompleta, poiché molte intimidazioni e minacce non vengono nemmeno denunciate, rimangono sommerse, insomma restano senza Ossigeno”.

Certo sicuramente c’è necessità di fare una netta differenza, tra l’informazione, legata a indagini (provocate da presunto reato) e l’informazione del fango che spesso viene utilizzata, non per screditare la notizia ma per ridurre a sterco la persona (come se la vita di un uomo o di una donna fosse legata a doppio filo tra pubblico e privato). L’esempio è quello delle mura domestiche. Se in casa propria si vuole organizzare una festa, bere un po’ di più per rendere tutto meno “noioso” quello non è un reato. Ma se oltre a quel litro di vino io ci aggiungo una sniffata di coca allora il gioco cambia. Ma perché allora?
Perché in Italia produrre vino e rimanere a casa fino a tardi attorno ad un tavolo a giocare a “padrone e sotto” fino a consumare una damigiana di vino rosso (predisponendo delle camere per dormire, perchè non si può viaggiare ubriachi), non è un reato. Ma se faccio consumo di droghe quello si che è reato per due motivi. Primo perché la droga non la trovi al fruttivendolo a meno che la frutta non venga da luoghi già sospetti, e quindi la devi andare a comprare al “droghiere” che mette la sua bancarella ovunque. Il secondo motivo è molto più semplice e conseguente al primo. Il “droghiere” da bancarella non produce polvere bianca ma a sua volta va a fare spesa all’ingrosso. Quindi di conseguenza, i tuoi soldi vanno all’ingrosso non rimangono al droghiere. E come sappiamo bene all’ingrosso trovi tanti prodotti ad esempio i “fischi abbotti”.
Quando un’informazione di questo tipo arriva al giornalista lui fa semplicemente il suo lavoro … informare la comunità con un articolo o con una serie di servizi, rispettando la privacy del reo ma aiutando una città a prendere consapevolezza che il sottotitolo del proprio nome non è (paese perfetto) ma “paese dei balocchi”, dove tutto quello che non vedi c’è, anche se non lo tocchi.  
Dedicato a Giancarlo Siani cronista de “Il Mattino” (ucciso a causa del suo lavoro) e a tutti i giornalisti e giornaliste che fanno il loro mestiere, anche quando ricevono pressioni e minacce da tutte le parti “persino dentro casa”.

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